Possedere un abito realizzato espressamente su misura è il massimo nel mondo della moda, ma una creazione couture di Vivienne Westwood è molto più di un semplice vestito. Quando si pronuncia il suo nome si pensa subito al “punk” di cui è stata l'architetto del look nei turbolenti anni Settanta. Lei ricorda e dfinisce quel periodo come una sorta di “chiamata alle armi” con l'apertura della sua maison nel 1971: nell'aria c'era voglia di rivoluzione e rivoluzione fu, nella musica, cultura e moda. Vivienne Westwood seppe esprimere splendidamente lo spirito di quegli anni tanto che ora suona quasi strano associare il suo nome alla parola “couture”, “made to measure”, “ricami”... Sebbene tutto sembri l'antitesi dell'anarchia punk, la couture è “punk” perchè è personale e incarna perfettamente quello che è diventato il manifesto della Westwood: compra bene, scegli poche cose e fai in modo che durino. L'alta sartorialità è un investimento a lungo termine su tutti i livelli: il cliente ti commissiona qualcosa di unico, specialmente per occasioni importanti e il risultato finale è amato, custodito come un tesoro e in molti casi donato di generazione in generazione perchè la bellazza di un abito couture è senza tempo. In più Vivienne Westwood adopera moltissima seta organica e ha a cura il riciclo tanto che in molti ricordano ancora il suo abito bustier “Uccello del Paradiso” creato per Lily Cole con bottiglie riciclate di plastica fusa e sfoggiato dalla splendida attrice e modella inglese durante l'evento “Suzi Cameron’s Red Carpet Green Dress”.
L'eco-sostenibilità è il vero cuore delle creazioni couture di Vivienne Westwood.