ON THE WAY TO SHANGHAI
Uno show dedicato al Red Carpet e alle sue mille luci e seduzioni, quello Haute Couture Curiel
2018 Capsule. Un red carpet però molto sui generis, che catalizza e rende vive, tangibili e avvincenti, evocazioni divistiche ed estetiche traslate dal magico ambito dell’opera e del grande cinema. Un gioco di riflessi e suggestioni di tanti immaginari, un mosaico di schegge e fragranze culturali e artistiche che diventano altro, che si frammentano e poi ridisegnano una mappa di bellezza ed emozione. Un percorso che si sviluppa lungo un filo conduttore squisitamente italiano, in particolare ispirato da mitici ruoli lirici e dall’epopea di cantanti leggendarie, oltre che dal fascino intramontabile dei foyer, del porpora e delle dorature della Scala a Milano, il massimo palcoscenico operistico del mondo. Un‘esercitazione creativa che sfiora il virtuosismo, frutto di una sapienza sartoriale irripetibile coltivata da tre generazioni successive e di un gusto iconico e cangiante, composta da 25 modelli unici, ognuno imperniato su una figura o un’ispirazione precisa. Raffaella Curiel, forse per la prima volta sceglie di svincolarsi da un unico tema portante, da un solo Leit Motiv pittorico, storico, architettonico o letterario. E’ una nuova voglia di libertà, la sua, una scommessa che si avverte come una texture semantica che esplora territori fervidi. La collezione, che sfilerà a Shanghai il 10 novembre prossimo, in occasione dell’apertura del Flagship Store del marchio nella metropoli cinese, si chiamerà “Red Carpet” Curiel 2018, tout court, evitando volutamente ogni datazione stagionale. Raffaella Curiel la racconta definendola un nuovo raggiungimento, una sorta di rappel à l’ordre rispetto all’odierna confusione del pianeta moda, all’eccesso e al dress to impress che rispecchia le enormi contraddizioni e il caos montante della nostra società. Il décor, la partitura ornamentale vi si assottiglia, si confronta preziosa in contrappunto con strutture e forme dalla vocazione lineare, campita e geometrica, purista e molto disegnata. Un grafico flair un po’ ’60 la percorre, asciutto e condensato, minimale e barocco insieme. Si avvicendano tecniche straordinarie, tessuti preziosi, ventagli plissé dorati e broderies minute e tonali.
La classica petite robe noir della Maison milanese, il “Curiellino”, versatile passe-partout, si anima di frange dinamiche continue che in realtà sono sofisticate e leggiadre costruzioni tubolari in organza. Corto da sera nella tunica carré all black che impagina teorie di lunghe piume fluttuanti. Ci sono voluti ben quattordici strati di tulle point d’esprit dalle nuances impercettibilmente diverse posti l’uno sull’altro, per raggiungere il tono di grigio ideale che si raccordasse con quello distillato e indefinibile del cappottino en suite. L’age d’or del belcanto ritorna nell’ensemble robe e mantello in dentelle ghiaccio intriso da fili e ricami in oro e argento vecchio dai riflessi mobili, fuggenti e pacati, che verrà indossato dal soprano Lucia Aliberti, protagonista di un recital di arie emblematiche all’opening di Shanghai. Altrove è il rinascimento che si manifesta, nel manteau in mohair blu elettrico dalla morfologia ampia di “moresca”, pensata con vibrante energia e nerbo architettonico. L’abito da sposa in mikado perlaceo dal collo a camicia rétro, non concede quasi nulla nella sua monacale pulizia di approccio. Solo un’ inattesa applicazione di balze a cascata sulla parte posteriore, in raffinato pizzo candido di Bruxelles del 1870, contravviene alla volontà di astrazione e di rarefazione che lo connota. Lo scenografico vestito da sera dalla gonna a crinolina bombata, impagina sul velluto scarlatto i palchi dei teatri d’opera italiani, resi con un segno quasi fornasettiano e gravé, alternandoli a opulente strisce aggettanti ricamate in oro. Una teoria di uccelli fatati e policromi, sottratti a una chinoiserie settecentesca, prende vita sul faille nero entro gabbie dorate neo-gotiche, grazie alle mani di stupefacenti ricamatrici italiane. Un’aspirazione al fantastico, al surreale che apre ulteriori dimensioni, che spalanca ancora altri passaggi d’invenzione. Ma le tessere di questo incredibile caleidoscopio non terminano qui.A guardar bene potrebbero seguitare all’infinito, ingenerando una costellazione di rimandi, di emozione e di magnifiche digressioni. Raffaella Curiel, intanto, rivela il suo mantra: “Non mi interessa la mia persona come creatrice di moda- afferma- ma piuttosto l’amore stilistico che ho regalato alle donne.”
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