“The Garments May Vary” (Gli indumenti possono variare) è il nome di una collezione sperimentale della giovane designer tessile Nadine Goepfert secondo la quale alcuni vestiti cambiano il loro corredo genetico ogni volta che vengono indossati e non solo per l'usura del tempo, ma per via del loro uso quotidiano e dei movimenti associati alla persona che li indossa: nelle sue ricerche tessili Nadine Goepfert vuole dimostrare come ogni movimento viene catturato e registrato all'interno dell'indumento, allo scopo di capire fino a che punto queste variabili possono modificare gli abiti e quanto questo "rimodellarsi" dipenda dal tessuto o dalle abitudini, spesso inconsce, di chi li indossa.
Un abito che ha memoria di noi e delle nostre giornate, come dei nostri movimenti, voluti o meno, postura e modo di muoverci. Un'occasione per intuire o indagare sulla personalità di chi indossa un certo capo e in che modo lo indossa dato che siamo noi a indossare un abito e non viceversa e indossandolo lo cambiamo. Con i tessuti tradizionali gli regaliamo una storia e una patina vintage via via che scorre il tempo, con quelli sperimentali indagati da questa ricercatrice tracciamo in progress il nostro identikit.
Gli studi di Nadine Goepfert l'hanno portata a sperimentare costantemente i diversi aspetti della struttura dei tessuti e, in particolare, di quelli nuovi ancora non affermatisi sul mercato mondiale ma che presto ci saranno più che familiari, come ad esaminare la spuma con cui ha creato con 3 metri di questo tessuto un pullover dal design ultramoderno che pian piano prende la forma dei nostri movimenti, il “Memory Foam pullover”, primo step delle ricerche di questa fashion designer innamorata dei tessuti e decisa a sperimentarne di nuovi che non costringano il corpo in una forma prestabilita, ma lo lascino libero di crearne col tempo una propria. Abiti in progress, non definiti, decisamente affascinante.